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Niccolini (Family)

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1250

 

- alberi della famiglia Niccolini di Camugliano

Origini della Famiglia

I Niccolini derivano da una divisione avvenuta nella famiglia dei Sirigatti intorno al 1250. I Sirigatti erano originari della Val di Pesa, dove vivevano nella duplice veste di proprietari terrieri e fedeli del monastero di Passignano. Il primo di cui si ha notizia è un certo Arrigo ("Arrigus vocatus Sirigattus"), definito "fictaiolus perpetualis et fidelis Abbatie". Figlio di un uomo chiamato Lucense, Arrigo sposò nel 1208 Scarlata di Paganello, sorella di Bonavia, personaggio attivo a Firenze, dove sedeva tra gli anziani del comune e svolgeva attività di giudice, la cui famiglia continuava a possedere terre a Passignano. Di questo Arrigo Sirigatti sappiamo che nel 1233 possedeva tre case nel castello di Passignano e alcune terre nei dintorni. Ebbe almeno due figli: Lucchese e Bonavia detto Ruzza.
Sulla figura di Arrigo la tradizione famigliare costruì un mito che lo avrebbe voluto combattente nella battaglia di Benevento del 1266. Il valore mostrato in quella occasione avrebbe provocato la nascita del nome Sirigatti, a causa dello stemma di Arrigo, che rappresentava per l'appunto un gatto, così che fu chiamato Sire del Gatto, da cui Sirigatti. Ma in realtà, al tempo della battaglia di Benevento, Arrigo era certamente già morto da alcuni anni.
Anche la figura del figlio di Arrigo, Ruzza, è avvolta in un alone leggendario: sarebbe vissuto 130 anni e la sua vita sarebbe stata caratterizzata da una lunga faida familiare con la famiglia ghibellina degli Scolari. Questa lunga lite si concluse grazie alla mediazione dei Buondelmonti che patrocinarono un matrimonio tra il figlio di Ruzza, Niccolino, e una donna degli Scolari. Queste vicende delle origini dei Sirigatti sono trattate nelle diverse redazioni del libro di famiglia scritto da Lapo di Giovanni di Lapo Niccolini (1356-1429), poi ripreso e corretto dai suoi figli.
 

Il primo a trasferirsi a Firenze sarebbe stato Nicolino di Ruza di Arrigo, verso la fine del XIII secolo. A partire da questo personaggio la famiglia cominciò a chiamarsi Niccolini dei Sirigatti, e poi solamente Niccolini.
I discendenti di Nicolino si affermarono nelle attività mercantili. In particolare, il citato Lapo di Giovanni di Lapo (1356-1429) fu un ricco mercante e un importante personaggio politico nella Firenze repubblicana. Scrisse quel Libro di Ricordanze (l'originale è conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze, Carte Strozziane, II serie, n. 6), che rappresenta la principale fonte sulla storia delle origini della famiglia. Presso l'Archivio Niccolini esistono due copie di questo testo redatte dal figlio di Lapo, Biagio, e che presentano significative differenze rispetto all'originale.
 


I molti figli di Lapo diedero vita a diverse linee nella famiglia (vedi tavole genealogiche). Di queste, degna di particolare menzione è quella discendente dall'ultimogenito Otto, sia per l'importanza che lo stesso Otto ebbe nella storia politica di Firenze, sia perché i suoi discendenti seppero ampliare il potere e il prestigio della loro casata.
Otto di Lapo di Giovanni (1410-1470) fu una figura di spicco nella vita politica quattrocentesca. Alleato di Cosimo il Vecchio, ambasciatore della repubblica fiorentina e valente giureconsulto, fu tra i protagonisti dell'instaurazione del regime mediceo. Dopo aver conseguito il dottorato in Utroque Jure, presso la Chiesa Cattedrale di Perugia, il 3 ottobre 1438, Otto divenne ben presto un valente giureconsulto e si legò a Cosimo de' Medici; il suo ruolo e la sua influenza politica dovette ben presto affermarsi in Firenze se il suo nome appare al secondo posto nel noto patto col quale 64 personaggi guidati da Giovannozzo Pitti giurarono fedeltà a Cosimo il primo maggio 1449. In effetti già dal 1446 Otto era stato protagonista, al fianco di Cosimo, della lotta politica ingaggiata dai Medici per imporre quel nuovo sistema elettorale che avrebbe garantito la stabilità del regime instaurato dalla casa di Cafaggiolo. Otto Niccolini non si limitò a partecipare attivamente alle battaglie interne alla vita politica cittadina, ma svolse anche un ruolo di rilievo nella politica diplomatica attuata dai Medici, che, come è noto, contribuì in misura altrettanto rilevante al consolidamento del regime. Dal 1451 assolse a molti incarichi diplomatici per conto del governo di Firenze; fu così uno degli uomini ai quali il regime dei Medici affidò la responsabilità di affermare il proprio ruolo nell'equilibrio degli stati italiani.
Tra i documenti che si conservano presso l'Archivio Niccolini, si segnalano una consistente raccolta di lettere e alcuni pareri legali, in originale e in copia.
Il figlio Agnolo (1445-1499) e il nipote Matteo (1473-1540) continuarono ad essere protagonisti della vita politica fiorentina, riuscendo a destreggiarsi tra le alterne vicende politiche degli anni tra il XV e XVI secolo. E se la carriera di Agnolo si concluse nel 1494 con la caduta di Piero di Lorenzo de' Medici, Matteo fu capace di ottenere ruoli preminenti nella Firenze del primo '500, per poi schierarsi a favore del ritorno dei Medici, diventando uno degli artefici delle riforme che seppellirono definitivamente le istituzioni repubblicane; fu tra i 12 incaricati di riformare gli organi di governo, per poi far parte del nuovo senato dove si adoperò poi per la definitiva affermazione di Cosimo I.
 

Le fortune politiche ed economiche della famiglia si assestarono definitivamente con Agnolo di Matteo (1502-1567) e con suo figlio Giovanni (1544-1611). Agnolo fu uomo di fiducia di Cosimo I, incaricato dal duca di delicate missioni, non ultima quella di difendere i suoi diritti ereditari contro le pretese di Margherita, vedova di Alessandro e figlia di Carlo V, e di Caterina de Medici, prossima regina di Francia. Le sue fortune politiche furono poi legate ai destini di Siena, dove fu ambasciatore dal 1547 e poi, dal 1557, primo governatore della città. Rimasto vedovo fin dal 1550, Agnolo fu premiato per la sua lunga attività al servizio di Cosimo con l'elezione al cardinalato e l'assegnazione della diocesi di Pisa.
Presso l'Archivio Niccolini si conservano circa 10.000 lettere e 17 registri di ordini, decreti, copialettere ecc. riguardanti la sua attività politica.
Il figlio Giovanni fu per lungo tempo ambasciatore a Roma. A lui si deve il consolidamento economico della famiglia e la sua definitiva affermazione tra le principali del ceto dirigente fiorentino. Fu sempre Giovanni ad avviare quegli acquisti che iniziarono la famiglia ad uno stile di vita nobiliare, a cominciare dall'acquisto del palazzo di via dei Servi a Firenze, che restò fino al XIX secolo la dimora della famiglia, fino all'attività di collezionista e committente di opere d'arte.
 

 
 

La fedeltà verso la dinastia medicea ebbe la finale consacrazione nelle concessione del titolo di marchese di Ponsacco e Camugliano fatta da Ferdinando II a Filippo di Giovanni (1586-1666) nel 1637. Questa data è importante nella storia della famiglia Niccolini poiché rappresentò il culmine di una vicenda plurisecolare di attiva partecipazione alla vita politica che aveva sempre visto i membri della famiglia Niccolini ricoprire posizioni prossime ai vertici del potere. La concessione del titolo marchionale non era solo il riconoscimento che i Medici facevano verso una casata che era stata loro fedele dai tempi di Cosimo il Vecchio, ma anche il segnale di come la distinzione e il prestigio fossero ormai da ricercarsi non tanto nell'antichità delle origini cittadine, quanto in quei titoli che potevano porre l'élite fiorentina su un piano analogo a quello delle nobiltà europee. La vicenda dei Niccolini appare così emblematica della parabola che caratterizzò tante famiglie fiorentine che già dal principato iniziarono progressivamente ad assumere i caratteri dell'aristocrazia terriera cercando in tutti i modi di adeguarsi al modello europeo. E i Medici stessi seppero far leva su queste aspirazioni per consolidare il loro potere, concedendo titoli e feudi sia pure, inizialmente, solo vita natural durante, ma che presto si trasformarono in concessioni trasmissibili per la classica via primogeniturale.
Da allora i Niccolini che si succedettero nel titolo di marchese si distinsero per le cariche svolte a corte e per i proficui matrimoni contratti che diedero ulteriore ricchezza e lustro a una casata che era diventata, alla fine del 700, una delle più ricche del granducato.
Non si può però tacere di un'altra grande figura della famiglia, ossia di Antonio Niccolini, personaggio di spicco nel Settecento italiano.


Antonio Niccolini (1701-1769) era l'ultimogenito di Filippo, terzo marchese di Ponsacco e Camugliano; dei fratelli maggiori sopravvissuti, Giovan Luca (1689-1742) fu destinato alla carriera prelatizia e visse per lo più a Roma, mentre su Giuseppe (1698-1735), dopo la morte prematura del primogenito Angiolo (1683-1727), ricadde il compito di proseguire la discendenza, cosa che fece nel migliore dei modi, sposando Virginia Corsini, figlia del viceré Bartolomeo e nipote di papa Clemente XII. Antonio fu uomo di vasta cultura; dopo aver studiato sotto la guida di Giuseppe Averani affiancò alla preparazione letteraria ed erudita curiosità sempre più vive verso le idee che animavano la cultura anglosassone, un interesse verso il dibattito filosofico e scientifico inglese che restò sempre vivo e divenne uno dei punti di riferimento nell'elaborazione intellettuale dell'abate. Malvisto da Richecourt, conobbe anche l'esilio, quando, nel 1748, il governo toscano gli intimò di non fare più ritorno nel Granducato. L'abate Antonio visse in modo travagliato e inquieto il passaggio dalla iniziale formazione erudita alle nuove esigenze e i nuovi fermenti dell'età dei lumi, ma sempre con una grande apertura e con viva curiosità, come testimoniano l'attiva partecipazione a numerose accademie del tempo e soprattutto le relazioni che seppe instaurare e di cui resta voluminosa traccia nell'ampio carteggio conservato presso l'Archivio Niccolini. Antonio Niccolini non solo era in corrispondenza con i maggiori personaggi italiani ed europei, ma appare essere quasi l'eminenza grigia, che, anche attraverso l'attività del fratello Giuseppe, riusciva ad intervenire nella politica italiana del tempo.

L'abolizione dei vincoli fidecommessi nel 1789, la cattiva gestione di Giuseppe Niccolini (1761-1811) costrinsero Lorenzo Niccolini (1797-1868) a vendere parte dei beni aviti, tra cui il palazzo fiorentino di via dei Servi e alcune ricche raccolte d'arte, nonché vaste proprietà terriere. Gli sforzi compiuti nella prima metà dell'800 consentirono però a questa famiglia di superare una crisi che avrebbe potuto compromettere definitivamente le fortune della casata.
Alla fine dell'800 Eugenio Niccolini sposò l'ultima discendente della famiglia Naldini del Riccio, che portò in dote, assieme a numerosi beni, anche l'archivio di quella famiglia.
 


Amati G., Alcune lettere dell'abate Antonio Niccolini a monsignor Giovanni Bottari intorno alla corte di Roma, 1724-1761, Bologna 1867;
Bec C., Il libro degli affari proprii di casa de Lapo di Giovanni Niccolini de' Sirigatti, édition critique et commentée, S.E.V.P.E.N., Paris 1969;
Coppini R.P., Bernardo Tanucci e Antonio Niccolini, una corrispondenza ritrovata, in "Bollettino Storico Pisano", 1985, pp. 155-174;
Coppini R.P., Ricerche archivistiche su temi tanucciani, in Bernardo Tanucci e la Toscana. Atti del convegno svoltosi nel 1983, Olschki, Firenze 1986, pp. 91-112;
Coppini R.P., Moroni A., La corrispondenza di Pompeo Neri con Antonio Niccolini, in AA.VV. Pompeo Neri, Atti del Colloquio di Studi di Castelfiorentino 6-7 maggio 1988, Società storica della Valdelsa, Castelfiorentino 1992, pp. 103-138);
Figliuolo B., Giovanni Battista Niccolini, fiorentino, arcivescovo di Amalfi (1475-1482), in "Rassegna storica salernitana", n. 9 (1988), pp. 41-61;
Figliuolo B., Tre lettere inedite di Feo Belcari a Ottone Niccolini, in "Lettere italiane", 2/2000, pp. 265-271;
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Passerini L., Genealogia e storia della famiglia Niccolini, Firenze 1870;
Plesner J., L'emigrazione dalla campagna alla città libera di Firenze nel XIII secolo, Papafava, Firenze 1979 (ed. orig. 1934);
Rosa M., Un giansenista difficile nell'Europa del '700: Antonio Niccolini, in AA.VV., Studi di storia medievale e moderna per Ernesto Sestan, Olschki, Firenze 1980.